Assegno divorzile: ne ha diritto l’ex coniuge se ha consentito all’altro di studiare e laurearsi con proprio sacrificio professionale.

Assegno divorzile: ne ha diritto l’ex coniuge se ha consentito all’altro di studiare e laurearsi con proprio sacrificio professionale.
(Cass. Civ., sez. VI, ordinanza n. 40385 del 16 dicembre 2021)
In questa pronuncia la Suprema Corte riprende la sentenza delle Sezioni Unite n. 18287 del 2018 e ribadisce la triplice funzione dell’assegno divorzile, non solo assistenziale ma anche perequativo-compensativa. Afferma, quindi, che il diritto a tale contributo sussiste anche se l’ex coniuge richiedente abbia raggiunto l’autosufficienza economica, a condizione che sussista uno squilibrio tra le condizioni economiche degli ex coniugi e purché la deteriore posizione dell’ex coniuge istante sia dovuta a sua rinuncia a occasioni reddituali per contribuire ai bisogni della famiglia.
Il fatto. La Corte d’Appello di Bologna, nel confermare la sentenza del Tribunale di Modena emessa nel giudizio per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, confermava l’assegno divorzile dell’importo di euro 250,00 in favore della signora B.A.M. e a carico del signor M.A.
Avverso tale sentenza M.A. ricorreva per cassazione lamentando che la Corte d’appello non aveva tenuto nel debito conto:
- la breve durata del matrimonio e il lungo periodo, 40 anni, tra separazione e divorzio, in cui i coniugi avevano vissuto autonomamente;
- l’autosufficienza economica della moglie (dapprima retribuita, poi pensionata e titolare di beni ricevuti in eredità), che le consentiva di avere lo stesso tenore di vita avuto in costanza di matrimonio;
- l’irrilevanza della disparità di reddito tra i coniugi, poiché formatasi dopo la separazione, quando M.A. aveva iniziato a lavorare come ingegnere e B.A.M. come operaia in una ditta di tessuti. Già prima del matrimonio la moglie lavorava mentre M.A. era studente laureatosi dopo la separazione; la signora aveva, poi, di sua iniziativa interrotto l’attività lavorativa durante il matrimonio per poi rientrare nel mondo del lavoro accontentandosi del mestiere di operaia senza proseguire negli studi come invece aveva fatto il marito;
- Il fatto che la mancata richiesta di un contributo per oltre 40 anni era un’implicita rinuncia a pretese economiche non più deducibili.
La Sesta Sezione civile della Corte di Cassazione rigettava il ricorso con la pronuncia n. 40385/2021, condannando il ricorrente M.A. al rimborso delle spese di giudizio in favore della signora B.A.M.
Il giudice di legittimità ha osservato al riguardo che la Corte d’Appello ha correttamente:
- tenuto conto dell’esistenza di un disequilibro economico tra i coniugi all’epoca del divorzio e, valorizzando la finalità compensativo-perequativa dell’assegno, del fatto che, durante il matrimonio seppur di breve durata (peraltro, considerato l’anno in cui si è avuta la separazione consensuale, di cinque e non di due anni come ritenuto dal marito) fossero nati due figli e la moglie B.A.M. avesse deciso di lasciare la propria occupazione per curarsi dei primi, con scelta non contrastata dal marito, quindi sicuramente presa di comune accordo tra i coniugi;
- valorizzato la rinuncia della signora a raggiungere i livelli più alti del settore scelto (tessile e abbigliamento), considerando anche l’età della donna.
Secondo la Suprema Corte, infatti, in applicazione dei principi sanciti dalle Sezioni Unite del 2018 nella pronuncia n. 18287, l’assegno di divorzio non ha solo una funzione assistenziale (qualora la situazione economico-patrimoniale di uno degli ex coniugi non gli garantisca l’autosufficienza), ma anche una funzione riequilibratrice ossia compensativo-perequativa. Ferma la funzione assistenziale dell’assegno, detto contributo, quindi, va riconosciuto anche qualora gli ex coniugi siano entrambi autosufficienti economicamente a condizione che
- vi sia uno squilibrio tra le condizioni economico patrimoniali degli ex coniugi;
- le condizioni deteriori dell’ex coniuge richiedente siano dovute a sua rinuncia - in funzione della contribuzione ai bisogni della famiglia - ad occasioni reddituali, attuali o potenziali, con conseguente sacrificio economico e professionale, e in conseguenza il coniuge istante meriti un intervento compensativo-perequativo, in considerazione della durata del matrimonio e della età del richiedente.
La Corte d’Appello di Bologna ha, dunque, riconosciuto l’assegno divorzile in piena aderenza a tali principi, dando conto dell’apporto fornito alla famiglia da B.A.M., che ha consentito al marito di proseguire gli studi, laurearsi e trovare una collocazione adeguata a fronte della rinuncia dell’ex moglie a più alti livelli d’impiego nel proprio settore lavorativo.
Hai bisogno di un avvocato affidabile e professionale?
Servizi più richiesti
Articoli del giorno
Articoli consigliati

Per maggiori informazioni compila questo modulo, ti contatteremo prima possibile
Accertarsi di inserire una email corretta altrimenti sarà per noi impossibile rispondere
Dal Lunedi al Venerdi
9:00 - 19:00
Viale Giulio Cesare 62
00192 Roma zona Prati (RM)